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NEMRUT DAĞI, PATRIMONIO DELL’UMANITÀ

 4961356591_c77da111ef_bHo voluto scrivere questo articolo per far conoscere uno dei “tesori” che il Medio Oriente conserva dell’antichità storica e che per importanza e bellezza è stato riconosciuto dall’UNESCO dal 1987 quale bene protetto e patrimonio dell’umanità[1]: parlo del santuario di Antioco I, sovrano di Commagene, un piccolo stato ellenistico del I secolo a.C.. Tale monumento, posto sulla vetta del rilievo del Nemrut Daği, non solo risulta importante per la sua maestosità e per la ricchezza architettonica e scultorea che lo compone, ma per il suo significato: esso doveva essere un grande santuario funerario e di culto, in cui si fondevano in maniera sincretica e armoniosa religioni dell’Occidente e dell’Oriente. In questo, la tradizione religiosa ellenistica si fondeva e si coniugava con quella dello Zoroastrismo del grande impero persiano, insieme agli elementi medio orientali ed estremo orientali che l’ellenismo aveva messo in comunicazione dopo la frantumazione del grande impero di Alessandro.

Lo hierothesion di Antioco I di Commagene è sito a 2100 m di altezza sulle vette della catena montuosa del Tauro Orientale, nell’area sud-orientale della Turchia. La montagna era visibile anche da chilometri di distanza e sovrastava le altre vette dell’altopiano[2] La struttura realizzata sulla cima della montagna era raggiungibile da vie processionali e consta di tre terrazze scavate nella roccia, di cui due complete, speculari tra loro, poste rispettivamente a nord-est e sud-ovest, e un’altra incompleta posta esattamente a nord. Al centro si erge il tumulo rivestito da ghiaia ricavata dal materiale scavato dalle tre terrazze.

La terrazza orientale, per grandezza e conservazione, è la più grandiosa tra le tre presenti nel sito. Addossato quasi al tumulo, si trova il podio su cui sono poste cinque statue colossali, le quali raffigurano Antioco I e quattro divinità sincretiche della religione ellenica e iranica: Tyche-Commagene, Zeus-Oromasdes, Apollo-Mithras-Helios-Hermes e Artagnes-Heracles-Ares. Accanto a questo gruppo scultorio dovevano trovarsi altre quattro statue, le quali rappresentavano animali guardiani, rispettivamente due leoni e due aquile[3].

Dietro alle statue delle divinità è presente un’iscrizione di 237 linee contenente la ieros nomos di Antioco e in cui vengono citati i nomi delle divinità raffigurate. Essa serviva a sancire la legge contenente gli atti da perpetuare all’interno del santuario al fine di garantirne il culto del sovrano e delle divinità presente[4].

Un secondo podio racchiuso tra le rampe che conducevano al cortile della terrazza conteneva cinque lastre scolpite a bassorilievo fiancheggiate da statue di animali protettori. I bassorilievi mostravano il re che stringeva la mano alle rispettive divinità, dexiosis. Su uno di questi era raffigurato “l’oroscopo di Antioco”: un leone colossale in bassorilievo sormontato dalle divinità di Ares, Zeus e Apollo rappresentate come stelle e quindi raffigurate con Marte, Giove e Mercurio, accompagnate dalla Luna che rappresenta la divinità femminile.

Nel livello del cortile sono presenti due altari posti davanti al complesso colossale e la galleria degli avi, costituita da due file di 2 m di lastre di arenaria, le quali dovevano rappresentare rispettivamente gli avi paterni e materni. Davanti a ogni lastra era posto un altare per commemorare l’avo e dietro era incisa un’iscrizione commemorativa con la titolatura del sovrano Antioco e l’avo rappresentato. In posizione centrale si colloca un grande altare monumentale dove presumibilmente si svolgevano le grandi cerimonie cultuali e su cui dovevano essere poste un rilievo raffigurante il sovrano circondato dalle statue degli animali protettori

Antioco nelle iscrizioni del Nemrut Daği adotta una titolatura particolare, profondamente ricca di significato e che manifesta il suo progetto politico e religioso: Antiochos Theos Dikaios Epiphanes Philorhomaios Philhellen. Tali epiteti attribuiscono al sovrano un grande ruolo poiché si marchia come il ‘divino’, lo ‘splendente’ e il ‘giusto’, amico dei Romani e dei Greci (Elleni).Questo tipo di titolatura è presente in tutte le iscrizioni del complesso.

La sacralità del luogo dello hierothesion traspare dal contenuto dell’iscrizione di ingresso della via processionale della terrazza orientale. In essa il sovrano apre le porte del suo santuario, sotto la protezione degli dei, a tutti gli uomini, per natura uguali, differenti solo per titolo e fortuna. Egli affida a questa stele il monito di comunicare agli impuri o a coloro che covano malvagità di non poter percorrere questa via, protetta dagli dei e dagli eroi beati.

Le divinità presentate risultano essere prodotto di un sincretismo tra la religione ellenica e quella iranico-persiana. Quella principale è Zeus-Oromasdes forma sincretica dello Zeus ellenico e della divinità persiana Ahura Mazdāh. Questa divinità seduta in trono, di maggiore importanza rispetto alle altre, rappresenta la sovranità e in accordo con la coniugazione tra la divinità greca, padre degli dei, e la divinità persiana della religione Zoroastriana, essa coincide con il dominio della sfera celeste, e quindi anche con la regalità.

La divinità Apollo-Mithras-Helios-Hermes si basa sul rapporto sincretico del concetto solare tra le divinità Apollo e Mithras legate tra loro dalla personificazione solare di Helios. Mithra, divinità assunta nello zoroastrismo ha un’origine indiana ed era associato ad Ahura Mazdāh, quale essere di luce incaricato di combattere il male. La mediazione con Hermes è dovuta probabilmente ad Apollo, poiché nell’astrologia orientale quest’ultimo era associato al pianeta Mercurio.

Artagnes-Heracles-Ares è la terza divinità sincretica del Pantheon di Antioco e gli dei di base sono accomunati dal carattere della guerra: Artagnes sarebbe la trascrizione greca della divinità dell’Avesta, Vǝrǝthragna, che nell’assimilazione allo zoroastrismo divenne la divinità della guerra e della vittoria, menzionato insieme a Mithra e associabile all’Ares greco e a Eracle, l’eroe della mitologia greca

Infine, l’ultima divinità rappresentata è la personificazione della Commagene, sotto la forma di Tyche-Commagene. Essa si unisce alla dea fortuna della religione ellenica e ciò è assunto dagli attributi di cui dispone: una cornucopia e un mazzo di spighe e frutta e il capo sormontato da un kalathos. La patria Commagene viene onorata nel pantheon del Nemrut Daği in quanto nutre e protegge il popolo del regno.

Nel pantheon del Nemrut Daği, lo stesso Antioco si inserisce in una forma divinizzata insieme alle altre quattro divinità e con gli attributi della tiara armenica, rappresentativa dell’autonomia e del potere della Commagene, e il barsom. Egli si fa destinatario in tal modo degli stessi onori riservati agli dei e questo rapporto paritario è presente anche nelle stele di fronte al podio delle statue colossali, dove il re stringe la mano della divinità, un gesto rituale forse di origine partica assunto per rappresentare questo stretto legame e la benevolenza e l’aiuto concesso dagli dei ad Antioco.

Il pantheon dello hierothesion era soggetto a festeggiamenti religiosi descritti nel nomos, inciso nel retro del podio colossale. In questa epigrafe furono trascritte le modalità di festeggiamento e le prescrizioni dettate dal sovrano: le celebrazioni nel santuario avvenivano in due giorni particolari dell’anno, il genetliaco del re, coincidente con il giorno consacrato a Mithra, e il giorno di ricorrenza della sua incoronazione. Questi festeggiamenti della durata di due giorni si celebravano nello hierothesion e in altri luoghi della Commagene. Se i festeggiamenti ufficiali si svolgevano una volta l’anno, i sacerdoti del santuario dovevano perpetuare tali cerimonie ogni mese.

Altro elemento fondamentale del culto istituito da Antioco è rappresentato dalla galleria degli avi: in essa erano rappresentati su due file gli avi paterni (15) e materni (17), con ai due capostipiti Dario il Grande e Alessandro Magno. Il culto degli antenati è presente nella tradizione dei regni ellenistici, ma la versione peculiare che crea Antioco risulta avere influenze iraniche, in particolare armene, poiché in tale culto egli non dà omaggio a un singolo avo, bensì all’intera dinastia

Il progetto religioso di Antioco attraverso tutti questi elementi si presenta come un atto sincretistico tra elementi della tradizione ellenistica ed elementi della tradizione iranica, armena, partica e persiana. Tutto ciò crea in Commagene un nuovo pantheon che incarna le ideologie di entrambe le tradizioni creando qualcosa di nuovo: il legame era rappresentato dall’elevazione del sovrano a figura divina. Ciò era giustificato non solo dalla sua legittimità a regnare, ma soprattutto dalla doppia radice dinastica onorevole a cui faceva riferimenti: la discendenza dalle due grandi stirpi, quella achemenide di Dario il grande, e quella macedone di Alessandro Magno. Erede di due radici e incarnazione della tradizione culturale di due popoli avevano lo scopo di coinvolgere tutta la popolazione mista del regno in modo che tutti i sudditi, greci e persiani, si identificassero in questi nuovi dei e con la Commagene.

a cura di Salvatore Ficarra


[2] Friedrich Karl Dorner, Nemrud Dag, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, 1963, Vol 5. Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana: 409-413.

[3] Donald Hugo Sanders, et. al. (a cura di), Nemrud Dağı : the hierothesion of Antiochus I of Commagene : results of the American excavations directed by Theresa B. Goell, 1996, Eisenbrauns, Winona Lake (IN, USA).

[4] Margherita Facella, La dinastia degli Orontidi nella Commagene ellenistico-romana, 2006, Giardini editori e stampatori in Pisa, Pisa.

 

*immagine liberamente tratta da klearchosguidetothegalaxy.blogspot.it
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