(Pulsione di Morte)
INTRODUZIONE A CURA DI ITALIAN SPRING LAB:
Uno dei primi intenti di questo Blog è stato dare voce a più sfaccettature possibile della nostra realtà. Ed ecco che come guano in faccia ci arriva una lettera di un ragazzo non troppo più giovane di noi, ma che più di noi ancora conserva il raccapricciante sdegno di meraviglia di un giovane che apre gli occhi sul mondo. Le sensazioni brutali e crude che descrive sono quelle che ognuno di noi, in varie fasi della nostra vita, abbiamo provato. Ma in più non lasciano trapelare quel verme di naturale assuefazione alla realtà e omologazione alla società, che prima o poi piano piano si fa strada in ogni individuo, anche se tentiamo di combatterlo con tutte le forze, anche se facciamo finta che non esista. Abbiamo deciso di pubblicare questa lettera, non solo perché riteniamo lo meriti, ma soprattutto perché susciti in chi la legge la stessa forte sensazione di meraviglia che ha provocato in noi. Così da condurci alla riflessione: se questo è quello che pensa un ragazzo poco più che adolescente della Nostra Italia, quale futuro questa società ha in mente per noi? Cosa succederà se questo degrado continuerà ancora senza dare chiari segni di svolta?
Premessa: “Todestrieb” è il nome che diede Freud alla pulsione di morte, o pulsione di distruzione, della psiche umana. Il bisogno impellente di distruggere, di uccidere, di provocare dolore. Ma anche di cancellare l’ipocrisia, di infrangere i falsi valori e le finte morali, di annientare le menzogne di cui questo mondo ci ricopre. Il fuoco che trasforma ogni cosa nella cenere da cui nascono i fiori più belli.
Titolo: Senti il mondo che grida, ma non riesci a farti sentire.
Autore: Thomas Cucchi
Non è vero. Non è vero niente. Tutta l’ipocrisia del mondo, quella bella carta da parati che hanno steso in una cupola chiusa che chiamano “Realtà” non è altro che concezione astratta, troppo confusa per possedere dei limiti, troppo incoerente per possedere tracce di rigore.
Dio è una voce e non un ordine. Dio è amore e non regole. Non è interpretabile. Le bestie il cui volto è celato dal cappuccio del saio, sono le stesse che si cibano delle lacrime altrui, si nutrono delle speranze, interpretano Dio con il sorriso sulle labbra, nascondendo i loro veri intenti dietro le mani giunte in preghiera, interpretano potere e assoluzione secondo i loro scopi personali. Tessono tele di rosari, nascondono la verità con l’odore dell’incenso, spargono acqua santa per lavare via il sangue delle loro ingiustizie di cui la Storia sanguina ancora.
Dio non ha bisogno di nessun tramite per arrivare alle nostre orecchie. Non ascoltate ciò che allontana Dio dal vostro cuore: le parole dei finti santi sono barzellette morali da cui dovremmo tenere lontani i nostri bambini. Un ammasso di granito e oro che si pone pesante e massiccio tra noi e il Cielo: è questa la Chiesa che nutriamo con il nostro sangue ogni giorno, con le nostre preghiere ogni domenica, con i nostri piedi sporchi e le nostre punizioni da pagani. Tutto questo senso di colpa vale la pena di un biglietto per il paradiso? No, e non voglio fare il bravo bambino solo perché ho paura di andare all’inferno. Non voglio obbedire a ciò che mi dice un prete, ma al Dio che nasce nel mio cuore.
I politici non fanno altro che costruire incredibili castelli di parole, ci promettono ciò che vogliamo perché è ciò che vogliamo sentirci dire, e fanno ciò che vogliono perché è ciò che gli permettiamo di fare. Sofisti, succhiano come afidi il nettare del nostro futuro, fanno fiorire boccioli di falsità, che noi raccogliamo come bambini, ignari della loro vera natura: bombe, bombe ad orologeria che scoppieranno quando andremo all’università, quando andremo a lavoro, quando saremo così vecchi che saremo costretti a pagare qualcuno per pulirci il culo. Ma per ora non sembrano altro che innocenti fiorellini, o no?
Vendiamo la nostra voce in cambio di quella degli altri, ci pitturiamo di grigio per farci accettare da una società di merda che inghiotte le nostre personalità e ci rende vuoti, uguali, monocromi. Cerchiamo di dimenticare i nostri peccati nel grigio, ma chi è così stupido da sperare in una cosa del genere?
Tutti, tutti noi.
Moralisti, sprechiamo le nostre grida gli uni contro gli altri, predichiamo la pace e facciamo la guerra, ci fa schifo il razzismo e poi guardiamo male i negri in strada, ci fa schifo l’omofobia ma poi preghiamo che nostro figlio non sia omosessuale, predichiamo l’uguaglianza e miriamo a un mondo perfetto e incontaminato che comunque non sarà mai simile a nessun Eden – per il semplice fatto che non è mai esistito – e poi vomitiamo sul nostro cibo, scherniamo i gay, odiamo le stesse prostitute che scopiamo come maiali, fumiamo canne odiando la droga, imploriamo Dio bestemmiando sul nostro cuore.
Gesù non era altro che un uomo bravo con le parole. Io non voglio credere in qualcuno che mi dica cosa fare, ma in qualcuno che mi dica di fare quello che reputo giusto!
E io.
IO. Non sono altro che uno stupido adolescente che si lamenta del mondo limitandosi a guardarlo da lontano, si lagna di un mondo che disprezza senza neanche provare a cambiarlo, odia i politici e odia la chiesa e non fa altro che fare commenti cinici su questa merda che è il mondo, sull’ipocrisia che c’è in ogni giorno, sui falsi sorrisi coglioni di gente vuota, sulla finta felicità che tutti si preoccupano di avere per dimostrare agli altri che non odiano questa società, che non schifano tutta questa omologazione. E io che sto a fare? A frignare contro questa società senza neanche alzarmi in piedi e combattere!
Mi odio perché non faccio nulla e non ho il potere di fare niente.
E odio voi razzisti. Odio voi stereotipi, omofobi, ignoranti, violenti, odio voi egoisti e superficiali, materialisti a beneficio dei media, odio tutti quelli che si dimostrano ciechi al dolore del mondo e si tappano il naso e le orecchie con l’ovatta delle dolci bugie. Nelle vostre teste piene delle parole degli altri, non c’è posto per una briciola d’empatia, un sorso di pietà?
A voi ciechi, vi odio tutti. A voi che non leggete, voi che non ascoltate le mie parole troppo inutili per le vostre importanti orecchie. A voi che compromettete il mio futuro, perché ditemi, con quale speranza dovrei viverlo?
Vi odio tutti e non voglio avere paura di dirlo solo perché non voglio che qualcuno mi sgridi o si scandalizzi di fronte a queste bestemmie, a queste parole troppo crude e sincere per essere ascoltate senza che i bigotti si coprano la bocca sporca con la mano di plastica. Mi fate schifo, non pensate altro che a scopare e a ridere, ridere di battute che non fanno più ridere. Vi agitate in fanghi di melma e schizzi di libidine; vi svegliate nella stessa tomba in cui andate a dormire; vi preoccupate di avere le unghie pulite e il nuovo iphone appena uscito, mentre in Africa non sanno neanche che significa la parola cibo; ignorate il pianto del mondo perché è troppo difficile da sostenere; chiudete gli occhi alle verità e ridete di cose sciocche, sciocche come voi; morirete senza che nessuno vi ricorderà e i vermi vi mangeranno le budella e il tempo vi divorerà le ossa e non sarete più nulla, NULLA!
Mi hanno detto che dovrei credere in qualcosa, perché sono giovane, e i giovani credono sempre in qualche valore o stronzate del genere. I valori umani non sono altro che strutture mentali che nascondono emozioni lorde e sporche di peccato. Lupo nero e leone bianco, buono e cattivo, si sono strappati il manto a morsi e ora sono entrambi identici e rossi, lordi di sangue e odio e rabbia. Chi è l’uno e chi è l’altro? Si sono confusi e c’è solo menzogna, solo il rosso del sangue che esce a mari e oceani e non finisce mai e mai. E’ rimasto altro in questo mondo? Lo stesso mondo a cui non frega un cazzo del mio futuro? Del futuro di un adolescente?
Dovrei essere io a preoccuparmi del futuro del mondo e non il contrario.
E dove la trovo la forza necessaria in questo purgatorio di leccaculo e pagliacci?
Ho paura. Paura di vivere e non dovrei avercela. Paura della società e non dovrei avercela. Paura del giudizio di chi mi guarda nudo e sporco e malato e folle e incredibilmente immaturo. E non dovrei avercela. Ho tante cose che non dovrei avere. Mi dite che fine ha fatto la speranza?
Se la dama della purezza giace a terra stuprata,
se la gente si chiude gli occhi,
se il denaro ha contaminato le anime,
se i politici si mangiucchiano l’Italia,
se i sacerdoti uccidono Dio,
se i professori vomitano parole senza senso,
se la routine dilania le mie forze,
che cosa dovrei fare, che cosa dovrei sperare? I miracoli esistono solo nelle favole e in quel libro di balle che è la bibbia. E nessuno ha pietà, nessun fottuto uomo in questa cazzo di terra si chiede perché fa quello che fa, nessuno si ferma a chiedersi perché alimenta con i suoi sacrifici il mulino dello sfruttamento sociale. Le catene alle caviglie e il ferro sulle labbra e ti urlano di camminare, perché se non lo fai sei fuori, morto. Cammini anche se vorresti morire, cammini perché non puoi permetterti neanche il suicidio, cammini sui cadaveri di chi non ci è riuscito, cammini e senti sui piedi nudi le interiora di chi non è sopravvissuto…
Molti mi hanno detto che dovrei essere felice di vivere in questo Paese.
Allora perché voglio morire?
A cura di Davide Lunerti
*immagine liberamente tratta da thomascucchi.blogspot.it